Promesse e soldi: tanti, troppi, ne Il cacciatore di plichi di Maurizio Del Greco, edito da Turisa. Il protagonista Bruno, proprietario di un ristorante in declino alla periferia di Düsseldorf, che si reinventerà imbianchino e non solo, viene ingaggiato per raccogliere plichi, ossia voti.
Le campagne elettorali sono da sempre un ring agguerrito di retorica, dove il vincitore è il comunicatore più abile. Ma qui si gioca, illecitamente, di anticipo. I voti non si conquistano. Qui non si attende che vinca il candidato “più valido”. Qui ci si assicura la vittoria prima degli spogli. Qui le schede elettorali si rubano nelle cassette postali degli elettori, che restano all’oscuro di tutto. E poi si compilano, aggiungendo il nome del candidato, ossia del mandante della rapina di plichi, e si spediscono a chi di dovere; facendo attenzione a seguire, fedelmente, la procedura. Affinché nulla trapeli.
Il cacciatore di plichi è la testimonianza di quanto ampio sia il raggio di azione dell’illecito nell’iter del voto elettorale.
Bruno è un italiano che vive in Germania, e che si trova implicato in una spietata campagna elettorale, targata Italia. All’inizio ne ignora le ambiguità anche se già avverte delle oscurità che gli si paleseranno solo quando questa esperienza volgerà al termine. Maurizio Del Greco, con questa storia, ci lascia sbirciare dietro le quinte di un mondo, quello politico, che con codardia calpesta tutto quanto si frappone fra sé e le mille sfumature del denaro. Come se in politica tutto fosse lecito, soprattutto l’illecito.