Oggi, 22 giugno alle 17,00, si celebreranno i funerali della piccola Elena Del Pozzo nella Cattedrale di Sant’Agata a Catania, officiati dal vescovo Mons. Luigi Renna. Anche il sindaco di Mascalucia, l’architetto Vincenzo Magra, ha dichiarato il lutto cittadino con la sospensione di tutte le attività previste in calendario per stringersi al dolore della famiglia Del Pozzo.
Il comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri di Catania Simone Musella ha dichiarato che a seguito delle analisi fatte sul corpo della povera bambina, la madre l’avrebbe colpita, dopo averle messo in testa un sacchetto nero della spazzatura in quanto i fori sulla busta risultano compatibili con le lesività sul cadavere. Dall’autopsia e dagli accertamenti dei Ris di Messina effettuati nella casa della madre è emerso che Elena sia stata sicuramente uccisa nel campo vicino alla sua abitazione. Degli 11 colpi sferrati con una zappa, è stato fatale quello che ha reciso la vena succlavia nella parte superiore del torace che ha definitivamente ucciso la piccola, sepolta in una buca nello stesso luogo del delitto. Dalle accurate analisi i Ris hanno trovato nell’abitazione di Martina Patti (madre di Elena) tracce ematiche, a testimonianza del fatto che sia rientrata per lavarsi, cambiarsi e solo successivamente inscenare il falso rapimento presso la locale stazione dei Carabinieri. La donna non ha mostrato segni di pentimento e attualmente si trova in stato di fermo nel carcere di Catania per omicidio premeditato pluriaggravato e occultamento di cadavere. Gli inquirenti devono chiarire ancora tanti aspetti non rilevati dalla ventiquattrenne che sembri non ricordare quanto accaduto in alcuni tratti. Il movente di questo delitto è da ricercarsi nella gelosia per la nuova vita del papà della bambina Alessandro Del Pozzo, che viveva in Germania per lavoro e aveva iniziato una nuova compagna.
La criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone si è più volte espressa sulle dinamiche di questo caso escludendo fin da subito l’ipotesi di raptus. Secondo la dottoressa il caso presenta tutte le dinamiche della premeditazione lucida, progettata nei minimi dettagli con la volontà di attribuire il reato a soggetti terzi. Si parla specificamente di “personalità distorta, malevola, molto rivendicativa capace di intendere e di volere”. La Bruzzone, però, parla più nel dettaglio di “una personalità narcisistica borderline concentrata su di sé e a esercitare il controllo sulla vita degli altri, ossessionata di essere messa da parte, dettagli che trovano collocazione nella sindrome di Medea”. C’è dunque un mix tra ossessione, gelosia, invidia. Si sostiene la progettazione data la quantità di dettagli presenti nella vicenda: la Patti si procura strumenti, scava una fossa già prima del momento dell’uccisione, percorre una strada diversa per tornare a casa, perché “aveva già in animo il desiderio di uccidere Elena”. Secondo la Bruzzone il disegno di “punizione” non sarebbe riguardato soltanto il padre della piccola vittima, ma avrebbe riguardato l’intera famiglia trovando un movente che avrebbe in qualche modo potuto incastrate l’ex compagno, accusato e assolto in passato di una rapina. Anche il giudice Daniela Monaco Crea sembra aver confermato l’ipotesi avanzata dalla criminologa, infatti, ha predisposto con un’ordinanza di 15 pagine il fermo di Martina Patti dichiarando che “Elena è stata vittima di un preordinato gesto criminoso e ben studiato”.
Questo di Elena si colloca come l’ennesimo infanticidio in Italia: i numeri sono allarmanti dato che si contano circa ben 480 infanticidi negli ultimi 20 anni. Basti pensare al delitto di Cogne o l’omicidio di Loris in Sicilia da parte della madre Veronica Panarello.
A cura di
Alessia Acampora