‘Il cono d’ombra’, Narrative Decoloniali dell’Oltremare (25 giugno – 25 agosto 2022 al Castel Nuovo – Maschio Angioino, Napoli) è un progetto di Black Tarantella (Napoli), FM Centro per l’Arte Contemporanea (Milano) e con il patrocinio della Regione Campania, Comune di Napoli, Mostra d’Oltremare e dell’Università L’Orientale di Napoli. La mostra, a cura di Marco Scotini, direttore artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea, occupa due spazi di Castel Nuovo (Antisala dei Baroni nell’ala nord, primo piano e Sala dell’Armeria al piano terra) che furono parte della Seconda Mostra Internazionale d’Arte Coloniale tenuta proprio a Napoli, nel Maschio Angioino, dal 1ottobre 1934 al 31 gennaio 1935 e quella del 1940 che Inaugura gli spazi della Mostra d’Oltremare.
“Nonostante oggi la rimozione del passato coloniale italiano sia stata compensata da una ricca mole di studi storici e accademici rispetto a venti anni fa – si legge in un comunicato -, la mostra Il Cono d ’Ombra muove dalla necessità di trovare altre categorie concettuali (più sperimentali e meno canoniche) se non contro-narrative per ripensare quell’esperienza storica in un mutato contesto politico sociale.
“La felice coincidenza di poter riallestire a Napoli, nello stesso complesso monumentale, quella che fu la vera e propria anticipazione (premessa e prova generale) della imperiale Triennale d ’Oltremare del 1940 – sottolinea la nota -, ci pare un ’occasione fondamentale per poter agire all’interno di quell’esperienza, oltre ogni lettura storicamente corretta e plausibile. Non si tratta più di ricostruire un insieme di fatti per integrarli nella conoscenza comune. In gioco c’è la stessa possibilità di lasciar parlare quell’alterità che per secoli ha rappresentato un “cono d ’ombra” della civiltà e a cui l’occidente si è rivolto in modo paternalistico come a qualcosa da emancipare”.
Quando si tiene la Seconda Mostra Internazionale d ’Arte Coloniale, siamo negli anni Trenta: una decade aperta con la più grande esposizione coloniale del secolo inaugurata a Parigi, al Bois de Vincennes nel maggio 1931. Napoli, a questa data, è pronta a diventare il principale dei porti coloniali e la sede ideale per una proiezione ideologica e di conquista con il sud del Mediterraneo, vista la presenza in città di una delle associazioni più antiche del nazionalismo colonialista come la Società Africana d ’Italia e l’istituto Orientale. Allo stesso tempo, sono questi gli anni del passaggio dal carattere economico-commerciale del colonialismo italiano della fase liberista a quello propagandistico-consensuale del tempo fascista.
Gli aspetti innovativi della mostra al Maschio Angioino, rispetto alle mostre coloniali precedenti, sono improntare dalla fabbrica del consenso fascista e sono l’invito di otto artisti italiani a ritrarre le colonie in presa diretta, una volontà di far risalire al quattrocento veneziano la vocazione orientalista e colonialista della pittura italiana, la ricostruzione di un villaggio indigeno nel fossato di Castelnuovo. Dopo aver raccolto molti documenti, pubblicazioni, foto e lavori originali presenti in quell’esposizione, la posta in gioco di Il Cono d ’Ombra è di far riallestire queste memorie culturali agli artisti africani che da anni lavorano sulla questione coloniale e post-coloniale. In qualche modo superare la sempre presunta “innocenza bianca” sarà possibile solo attraverso una contronarrazione condotta dagli ex soggetti colonizzati che, come in uno specchio rovesciato, possano aprire ad altre rappresentazioni.
Gli artisti invitati, alcuni di fama internazionale, hanno provenienze geografiche diverse e appartengono alla diaspora africana, tra gli altri:
- Nidhal Chamekh (Tunisi 1985)
- Delio Jasse (Angola 1980)
- Sammy Baloji (Congo 1978)
- Kiluanji Kia Henda (Angola 1979)