Napoli. Il mito nel mito: alla scoperta di un luogo di culto rimasto chiuso al pubblico per ben 42 anni, la Basilica di San Giovanni Maggiore

Napoli – La basilica di San Giovanni Maggiorè una chiesa monumentale di Napoli, situata nel centro antico della città. Rimasto chiuso per decenni a causa di lavori di restauro e indagini archeologiche, il luogo di culto è testimonianza preziosa dei principali periodi storici – artistici della città.

Rappresenta uno dei templi più antichi di tutta la cristianità, in cui la Storia, la Fede e l’Arte risuonano all’unisono.

Le stratificazioni presenti all’interno, dal periodo classico a quello paleocristiano, sino a quelle più recenti dei primi del ‘900, ne fanno uno dei complessi architettonici più elaborati e per questo affascinanti della città di Napoli, ricco di storia e di testimonianze archeologiche, storiche ed artistiche.

E’ possibile ammirarne gli ipogei presenti (maggiore e minore). Dal greco ipo (sotto) geo (terra) Parlando di ambienti ipogei ci si riferisce semplicemente ad ambienti sotterranei, o cavità, che possono essere sia naturali, come le grotte di origine carsica, che artificiali.

Quando, invece, parlando di ipogei l’aggettivo si sostantivizza ci si riferisce generalmente alle sole cavità artificiali o riadattate; di queste, è in particolare diffusa l’identificazione dell’ipogeo con il sepolcro e la catacomba, cioè con l’uso funerario o cultuale e quindi pertinenti al culto religioso.

L’ umanista Summonte identificò la basilica come luogo di sepoltura della sirena Partenope. Le 3 versioni leggendarie della vita di Partenope, ciascuna più affascinante dell’altra. La prima narra che dopo che Ulisse si fece legare per non cadere tra le braccia delle sirene e le tre creature, tra cui Partenope si lasciarono morire; il suo corpo fu condotto da marinai sull’ isolotto di megaride dandone il nome al villaggio; la seconda versione leggendaria descrive che Partenope era una fanciulla greca innamorata di un uomo diverso da quello dato come promesso sposo da suo padre. I due decisero di scappare per vivere liberi il proprio amore e giunsero in un luogo che oggi corrisponde appunto all’isolotto di megaride. Qui furono raggiunti dalle rispettive famiglie che accettarono, quindi, la loro scelta e si sposarono. Partenope diede alla luce 12 figli che rappresentarono da quel momento in poi il popolo “partenopeo”; infine la terza ed ultima versione sulla “nostra sirena” vuole la sirena Partenope fosse solita nuotare leggiadramente lungo le coste dell’attuale Golfo di Napoli e lì si innamorò di un centauro, di nome Vesuvio.

Cupido lanciò la freccia ma Zeus, adirato perché lui stesso era invaghito fortemente della bella sirena, trasformò il centauro in vulcano affinché Partenope potesse solo guardarlo da lontano senza poterlo più toccare. La sirenetta non potendo resistere al dolore si uccise ed il mare portò il suo corpo fino all’ isolotto di megaride dove sorse la nostra civiltà partenopea.

Insomma un mito nel mito questa meravigliosa Basilica che fu eretta dall’imperatore Adriano come culto pagano, in onore del favorito Antinoo. Successivamente fu trasformata in Basilica cristiana dall’imperatore Costantino, come ex voto per lo scampato naufragio della figlia Costanza al ritorno di un viaggio da Costantinopoli.

Il 22 gennaio del 320 il tempio fu consacrato da Papa Silvestro I.

Nel VI secolo la Basilica fu arricchita di mosaici, affreschi, e suppellettili, conferendole una veste bizantina.

Ulteriori arricchimenti furono apportati durante le dominazioni normanna ed angioina.

È proprio a quest’ultima epoca che risale l’apertura dell’ingresso principale sulle scale che conducono a via Mezzocannone. L’allargamento delle navate laterali ed il rifacimento del transetto.

Altre trasformazioni si ebbero poi nel ‘600 ad opera dell’architetto Dionisio Lazzari, chiamato a ristrutturare la chiesa dopo il sisma del 1635; è opera sua la cupola imponente posta tra la navata centrale e l’abside. Durante questi lavori furono rinvenute tavole marmoree della chiesa napoletana incise nel 887 ed ora conservate nel palazzo arcivescovile di Napoli.

A causa dei terremoti del 1732 e del 1805 la chiesa fu più volte rimaneggiata. Nel 1859 furono evidenziate le precarie condizioni che portarono nel 1870 al crollo della navata destra, del transetto e della navata centrale. Il municipio avrebbe voluto radere al suolo la basilica creando una piazza più grande con un mercatino, ma Monsignor Pelella si oppose tenacemente cosicché nel 1888 fu completato il restauro della navata destra ma nel 1970 si verificò un altro importante cedimento della volta del transetto e del soffitto ottocentesco che costrinse alla chiusura della basilica per ben 42 anni. Negli anni successivi durante i lavori di restauro furono portati alla luce l’abside paleocristiana.

Nel 2012 la Chiesa di San Giovanni Maggiore viene riaperta al pubblico e nel 2020 restituita alla comunità parrocchiale.

Un luogo, nel cuore della città di Napoli, tra i più preziosi e degni di essere visitati ed ammirati.