Napoli– Lungo i decumani, precisamente in vico Santa Luciella, ci si imbatte in un Museo particolare e, nel suo genere, il più grande del Sud Italia: “Il museo delle torture”.
Questo suggestivo luogo nasce nel 2014 dall’idea e da una collezione privata del direttore Paolo Lupo.
“ Lo scopo di questo museo – racconta il responsabile Marco Colella – oltre a mostrare quanto la mente umana sia capace di elaborare forme abominevoli di infliggere dolore fisico, è anche quello di mettere in luce la capacità del popolo napoletano che, guidato da Tommaso Aniello da Sorrento, fronteggiò il viceré spagnolo di Toledo.” Infatti a Napoli le torture volute dalla Santa Inquisizione non vennero eseguite.
Percorrendo la sala superiore ed inferiore del museo risaltano agli occhi i vari oggetti esposti tra i quali, le cinture di castità, le gogne, lo strizzaseni, lo schiaccia torace, la sedia di stiramento e quella dell’Inquisizione. Colpiscono molto anche i volti delle statue che “indossano” le torture, con espressioni che ben rappresentano la sofferenza di chi ha vissuto questo orrore.
Lungo il percorso si denota cura e grande attenzione verso le tematiche storiche approfondite attraverso i tanti contenuti multimediali proposti.
Anche le foto raccontano, nello specifico, degli eretici più famosi come Campanella, Giordano Bruno e Galileo, il quale, però, non subì le torture perché, terrorizzato dal dolore fisico, abiurò.
Uno spazio di importante significato è stato dedicato anche alla pittrice italiana Artemisia Gentilischi, la quale, subì per anni dal proprio “maestro”. Oltre alle violenze sessuali, più volte il suo carnefice attentò alla sua carriera, sottoponendola alla cosiddetta “ tortura della Sibilla”; una piccola corda che stringeva forte fino alla rottura delle falangi.
Tante le storie che vengono raccontate in questo museo e tante le riflessioni che spinge a fare.
Un luogo che vale veramente la pena di visitare, utile a capire quanto la mente umana riesca ad elaborare e quanto l’animo umano, invece, dovrebbe evolversi.